Intervista a Luigi Cozzolino
Spalla dell'orchestra L"Eloquenza
Da dove vieni e dove vivi?
Sono di origini napoletane, sono nato in Sardegna, ho studiato a Livorno e vivo e lavoro a Firenze dal 1984.
Quando ti sei avvicinato per la prima volta al mondo della musica antica?
Se non considero le Stagioni di Vivaldi che ci fecero ascoltare alle elementari, e che mi condussero alla musica barocca, fu quando comprai il disco Archiv dei Madrigali Guerrieri e Amorosi di Monteverdi nel 1976: una folgorazione!
Quali sono secondo te i punti di forza di un'esecuzione storicamente informata e su strumenti originali rispetto ad una esecuzione su strumenti moderni?
Premetto che amo e suono anche il violino moderno, ma proprio per questo per me è evidente l'appropriatezza di uno strumentario adeguato e di un approccio diverso per le varie epoche storiche.Se si vuole approfondire e raffinare la
propria arte è indispensabile avere un'attitudine di amore, rispetto e curiosità inesauribili verso le sorgenti che ispiravano i maestri del passato, cercando di studiare non solo i pezzi in sé, ma anche tutto ciò che contribuiva alla loro fruizione e genesi. Forse per molti ciò sembrerà arido e insensato, ma a volte si capisce un brano più da un libro paga che da un intero trattato di contrappunto. Da bambino mi sarebbe piaciuto fare l'archeologo: diciamo che in questo modo mi avvicino a quel sogno.
Dal punto di vista di un esecutore: cosa ti affascina maggiormente della musica di Rossini?
Citando Matteo Marangoni, grande critico di arti figurative: “La nobile indifferenza del Bello”.
Come ti approcci allo studio di una nuova composizione musicale? Quanto è importante per te la ricerca su trattati d'epoca e testimonianze storiche?
All'inizio i trattati sono materia ostica e spaventano per la loro quantità, mole e apparente incomprensibilità; bisognerebbe avere tali e tante competenze, e in diverse discipline, che la vita di una persona da sola non basta. Secondo me è vano inseguire la pretesa di sapere tutto e utilizzare questo sapere come un'arma; preferisco, dopo anni di tentativi, studiare estratti brevi e mirati con la stessa passione e delicatezza di quando si sfoglia un album di vecchie foto di famiglia; se si permette che la testimonianza parli da sé, e se si è in un atteggiamento di apertura e disponibilità, si hanno sorprese e rivelazioni impagabili.
Un nuovo brano è come una crittografia e per decifrarlo è necessario far appello a tutte le proprie risorse e conoscenze: perchè limitarsi ad attivare solo le dita? Non è più coinvolgente e interessante se partecipano tutte le nostre funzioni?
Vuoi parlarci della tua collezione di strumenti?
Un Poggi del 1965 e un meraviglioso Arturo Fracassi del 1948 per il repertorio moderno; un Scuola Klotz del 1750 circa con una deliziosa testina di leone e un bellissimo suono “antico” per il primo barocco, uno strumento probabilmente toscano della metà del Settecento più potente e brillante per il tardo barocco e per il classicismo; un arco Thomassin e un Bazin per il repertorio moderno; due Cangelosi e tre Airenti che coprono tutta la storia dell'arco dal Seicento a Rossini; ho anche una viella medievale con la quale ho eseguito in vari concerti della musica meravigliosa che ogni strumentista ad arco dovrebbe provare a suonare almeno una volta nella vita.
Visto che andremo in scena in un borgo rinomato per la produzione vinicola, cosa ne pensi del connubio vino e musica?!
Altra citazione, di Lutero questa volta: “chi non ama il vino, le donne e il canto è uno stolto”. Sono completamente d'accordo, ma non dico in quale ordine.